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Un mondo fantasma, ovvero racconto a un amico perché Seth è un grande fumettista

Il seguente articolo è tratto dal numero 0 della rivista cartacea Keiko - Bedroom Comics Criticism: clicca qui per accedere all’indice completo del numero.

Gregory Gallant, in arte Seth, fumettista canadese, classe 1962, è uno di quegli autori che ama profondamente l’arte a cui si è dedicato, e che ne conosce i meccanismi più intimi. In Italia sono state pubblicate solo tre delle sue, comunque rare, opere: La vita non è male, malgrado tutto (it’s a good life, if you don’t weaken), Clyde Fans e George Sproot 1894-1975 (da menzionare inoltre la riedizione completa dei Peanuts di Charles Schulz curata graficamente da lui). La vita non è male, malgrado tutto prima di essere raccolta in volume nel 1996, è stata serializzata dal numero 4 al 9 della serie Palookaville, l’antologico personale di Seth. Clyde Fans, invece, pubblicata per intero solo nel 2019, ha avuto una gestazione di vent’anni, dal numero 10 di Palookaville del 1997, al numero 23 del 2017. Nel mezzo Seth ha lavorato ad altre tre opere, fra le quali George Sproot, pubblicato in origine sul The New York Times Magazine in puntate di una pagina alla volta (richiamando le tavole domenicali sulle quali nacque il fumetto commerciale), per poi essere ampliato e raccolto in volume nel 2009.  Fra le pagine aggiunte al libro di George Sproot spiccano quelle in cui vediamo le fotografie di piccoli edifici in cartone che riproducono le case e i negozi di Dominion, la città immaginaria in cui Seth ambienta la maggior parte delle sue storie e di cui ha creato una versione in miniatura (esiste anche un documentario che ne parla: Seth’s Dominion di Luc Chamberland del 2014). E con quelle fotografie si palesa definitivamente l’ossessione dell’autore per gli edifici, per gli spazi che contengono la nostra vita: metafore perfette, nella loro ascesa e caduta, della nostra esperienza sulla terra. Dominion appare nei fumetti di Seth a partire da Clyde Fans. Mentre La vita non è male, malgrado tutto si inscrive nel solco del fumetto autobiografico, esplorato in quegli stessi anni dai suoi amici e colleghi Chester Brown e Joe Matt, ed è quindi ambientato a Toronto durante la ricerca impossibile di Kalo, un immaginario fumettista degli anni Quaranta, con Clyde Fans Seth comincia la sua personale rivisitazione del fumetto di fiction, quando, significativamente, Abraham e Simon Clyde, i due commessi viaggiatori protagonisti dell’opera, muovono da Toronto verso la cittadina di Dominion, alla quale entrambi rimangono legati per motivi diversi. George Sproot infine, è completamente ambientato a Dominion. 

I fumetti di Seth.

È in queste ultime due opere che gli spazi, i luoghi, gli edifici, assurgono a protagonisti assoluti dei suoi fumetti. E non solo per le lunghe sequenze centrali in cui la voce fuori campo di Simon e Abraham o del narratore di George Sproot si sovrappongono alle mute immagini dei palazzi della città, in un volo irreale e metafisico che ipnotizza il lettore, ma anche perché le lunghe e complesse riflessioni dei protagonisti vertono soprattutto sui concetti di tempo e spazio, indagati da Seth come la vera e esoterica ossatura dell’esistenza. Non è un caso se Chris Ware, l’autore di quelle due immense speculazioni sul fumetto e sullo spaziotempo che sono Jimmy Corrigan, the smartest kid on earth e l’ancora incompiuto Rusty Brown, ammiri così tanto il lavoro di Seth. Ma mentre Chris Ware si “accontenta” dello spazio in 2D che esplora cercando di reinventarne tutte le possibilità, arrivando anche a forzarlo con il “gioco in scatola” di Building Stories, Seth vuole emergere da quello spazio, vuole che la sua Dominion esista nella nostra realtà a tre/quattro dimensioni. E la malinconia, la mesta e poetica tristezza di cui sono pregne le sue pagine, deriva probabilmente da quell’impossibilità fisica a cui agogna.  Per sua fortuna però nella nostra mente – così come nella sua – quell’impossibilità può esistere, e noi ogni volta che leggiamo i suoi fumetti veniamo risucchiati dalla forza della sua immaginazione che ci trasferisce direttamente a Dominion. Perché così come il tempo è da alcuni inteso come la quarta dimensione della nostra realtà, il sentimento è la terza dimensione dei fumetti. I fumetti di Seth, al contrario di quelli di Ware, che dei sentimenti fanno una rappresentazione chirurgica, quasi scientifica, sono pregni di emotività. Pur avendo alla base una pianificazione ben precisa e visibile, le sue storie non possono fare a meno di sfuggire continuamente nell’irrazionale, nell’onirico, guidate più dal sentimento che dalla ragione.

Il diorama di Dominion costruito da Seth.

Analizzando il primo capitolo di Clyde  Fans, Abraham cammina nello spazio mentre parla del tempo. La sequenza iniziale, lunga quasi cento pagine, ci mostra il suo vagare da una stanza all’altra  della vecchia casa di famiglia, preparando la colazione, fumando un sigaro, osservando le librerie e gli oggetti pieni di polvere, e il tutto mentre ci racconta ad alta voce la sua vita passata, i suoi sbagli, le sue considerazioni sul fratello e sulla loro attività commerciale.  Sono cento pagine in cui sostanzialmente tutto è immobile. Seth non prova nemmeno a dare l’idea del movimento. Il suo punto di vista (che ci ripete ogni volta che può) è quello di una persona ferma nel medesimo punto del tempo, un istante eterno contenuto dentro di sé. Un atteggiamento che può essere visto o come nostalgico e “passatista” o come l’unico possibile nei confronti di una vita che illude di essere un continuum lineare mentre invece è forse solo un diorama immobile, secondo alcune teorie di derivazione einsteniana, come quella dell’Universo Blocco, di cui i fumetti sono un perfetto esempio. Seth ragiona amaramente – quasi disperatamente – sul tempo che trascorre e ci divide da ciò che amiamo, i “momenti perfetti” del passato, e lo fa utilizzando l’unico mezzo che permette di dare l’illusione del movimento nell’immobilità: il fumetto, appunto. «Il tempo non lo spazio è la barriera che ci tiene distanti», dice Simon in Clyde Fans, lui che sembra nei lineamenti e nel vestiario un Seth invecchiato. Per Simon/Seth il tempo è un muro che ci divide dagli attimi perfetti del nostro passato, dalle persone che abbiamo amato in quel momento del passato e in quella loro forma perfetta. E come potrebbe pensarla diversamente? In fin dei conti Simon è un fumetto.  Esattamente come per i personaggi bidimensionali della Flatlandia di Edwin Abbott, le linee delle vignette che le dividono le une dalle altre, per gli abitanti della pagina sono dei veri e propri muri. Siamo noi, demiurghi di una dimensione superiore, a poter vedere che in realtà il passato che Simon rimpiange è ancora lì a portata di mano, qualche manciata di pagine avanti o indietro (a seconda della narrazione lineare o inframmezzata da flashback) e che non c’è nessun muro a dividerlo da esso.  Il passato (e con esso la nascita e la morte) non è che un’illusione prospettica della terza dimensione, un’illusione per chi non può vedere il quadro completo dall’alto, il dispiegarsi reale della multidimensionalità che comprende la nostra vita. Questo concetto, se per noi umani è al momento puramente teorico, per un personaggio dei fumetti è assolutamente vero e immediatamente constatabile, anche se solo da noi che li leggiamo e li creiamo.

Una pagina di Clyde Fans.

La ricerca di Seth, la tensione che anima ansiosamente i suoi fumetti, sembra allora essere quella del rendere tridimensionale la bidimensionalità. Nelle sue pagine c’è sempre un tentativo di trarre una dimensione in più da quella di partenza, un abitare uno spazio piatto con edifici volumetrici. Un portare “di qua” le figure piane del “di là”, la Flatlandia della pagina a fumetti. Il plastico di Dominion non è che l’esempio più estremo di questo movimento magico, espresso e sottinteso già nelle lunghe e bellissime pagine che il fumettista realizza, colme di edifici abbandonati e frammenti di ricordi spezzettati come briciole sul cammino. Il culmine consapevole di questo discorso, Seth lo espone nelle prime pagine di George Sproot: il protagonista è ritratto in una serie di vignettine tutte uguali, mentre fluttua, ora neonato, ora anziano, in uno spazio vuoto. Le considerazioni del narratore riguardano l’impossibilità di stabilire cosa ci sia prima della vita e dopo la morte, e per farlo ci dice che George, leggendo un fumetto, una volta ha avuto un’illuminazione: «Queste caselle in fila», dice riferendosi alle vignette, «forse non sono solo in sequenza. Forse l’azione della casella centrale non è solo determinata dall’azione della casella precedente, forse è anche influenzata da quello che deve avvenire nella casella successiva. Deve completare l’azione e prevederla in entrambe le direzioni. Forse così il futuro determina sia il presente che il passato». Con questo dialogo Seth, oltre che scardinare il concetto ormai incancrenito di fumetto come “arte sequenziale”, ci mostra una delle cose che il fumetto, per le sue qualità intrinseche, può fare meglio: darci una visione metaforica molto interessante della vita che viviamo. Un diorama eterno in cui il libero arbitrio non è contemplato e dove il cambiamento è qualcosa di percepibile solo per noi che ne abbiamo una visione parziale e microscopica. Un libro con le pagine tutte disegnate, in cui le azioni sembra che accadano quando in realtà sono immobili. Una città fantasma, come il dominio anelato dal suo autore. Ho scritto questo pezzo per raccontare perché Seth, secondo me, sia un fumettista gigantesco, ma mi rendo conto che, così come l’avere un rapporto sessuale o l’essere iniziato a una qualche pratica magica, l’esperienza non la si può tradurre in alcun modo a parole. Il fumetto di Seth, oscuro e lunare e allo stesso tempo luminoso e geometrico, è un’esperienza totalmente personale. Per sua stessa costituzione, il sentimento che lo descrive non può essere altro che vago ma puntuale. Una questione privata.  Il suo mondo di fantasmi al declino e di città e abitazioni abbandonate, non punta al raccontare qualcosa nel flusso del divenire, ma a sottolineare l’immensa immobilità acquatica in cui la nostra vita si svolge, illusa di un cambiamento e di un progresso che, se c’è, è forse solo interno all’essere.

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Bibliografia

  • Abbott E. A. (1966). Flatlandia, Milano: Adelphi.
  • Brown C. (2011). Io le pago, Bologna: Coconino Press.
  • Matt J. (2008). Poor Bastard, Bologna: Coconino Press.
  • Matt J. (2008). Capolinea, Bologna: Coconino Press.
  • Moore A. (2017). Jerusalem, Roma: Rizzoli Lizard.
  • Rucker R. (1994). La quarta dimensione, Milano: Adelphi.
  • Seth (2001). La vita non è male malgrado tutto, Bologna: Coconino Press.
  • Seth (2019). Clyde Fans, Bologna: Coconino Press.
  • Seth (2022)., George Sproot 1894-1975, Bologna: Coconino Press.
  • Smoky man (a cura di) (2019). Alan Moore: 5 interviste, Quartu Sant’ Elena: Diart Digital Art.
  • Ware C. (2020). Jimmy Corrigan, il ragazzo più in gamba della terra, Bologna: Coconino Press.
  • Ware C. (2020). Rusty Brown, Bologna: Coconino Press.
  • Ware C. (2016). Il palazzo della memoria, Bologna: Coconino – Hamelin.
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